giovedì 30 gennaio 2014

Cosa resta delle (5) stelle.

Oggi per me non è un giorno di riflessione, di pentimento, di vergogna. Oggi, io non sono tra quelli che rimpiangono la scelta di aver votato il Movimento 5 Stelle.
Per carità, non contesto chi l'ha fatto o chi è ancora convinto del suo intendimento ma, e di questo sono sicura (data la notorietà della fisiognomica e della psicologia dell'elettore italiano medio, poco disponibile a tollerare scene come quelle di oggi alla Camera, in cui volano schiaffi, grida, insulti e in cui si occupa, a torto o ragione, un'istituzione) non credo che alla maggior parte degli elettori del Movimento queste scene siano piaciute poi tanto.
Gli italiani (compresi i cinquestellati), di qualsiasi orientamento politico, promuovono la politica della protesta pacifica: sì, che si faccia ostruzionismo purché sia quieto, calmo, non violento. Insomma, una protesta politica che potrebbe essere ribatezzata del "facitm sta quiet" alla napoletana, in cui sei coinvolto sì, interessato ma solo fino a un certo punto. Niente spargimenti di sangue, insomma: quelli alla tivvù sono roba da "frange estremiste". 
Della politica cheta è testimonianza anche il fallimento del "movimento dei forconi", che alla fine delle scorso anno fece allarmare, prima di spegnersi in un fuoco di paglia, più le televisioni che i cittadini. Ovviamente bisognerebbe realizzare un sondaggio per testare la verità delle mie parole ma il mio recente passato e il mio attuale presente da cittadina comune, figlia di persone comuni, vissuta in una comunità di gente semplice e orientata dagli stereotipi, mi fa ipotizzare che poi così tanto stereotipata la mia riflessione non sia.
Che il Movimento 5 Stelle potesse assumere quella che, a mio avviso, è una deriva comportamentale era già chiaro sin dalla costituzione del movimento e dall'esito delle elezioni politiche dello scorso 2013.
Un organismo, che rifugge l'etichetta di partito, a favore di un termine più popolare e populista come quello di "movimento" e che è composto da individui di derivazione eterogenea, dai più opposti intendimenti politici, divisi magari su questioni fondamentali (cittadinanza, bene pubblico, lotta alla mafia, ambiente), tenuto insieme soltanto dal collante Beppe Grillo, una delle espressione più semplici e pubblicitarie del sentimento dell'antipolitica cosa poteva generare oltre a una politica della protesta? 
Chi aspettava e aspetta ancora la proposta non deve restare deluso. Per generare proposta, un'azione politica deve essere a uno stadio della sua evoluzione che gli consenta di comprendere che l'ostruzionismo è fine a se stesso e che, volente o nolente, l'attività parlamentare passa anche attraverso lacci e lacciuoli che obbligano qualsiasi buona intenzione politica al confronto, alla mediazione e alla negoziazione con la parte avversa.
Tutto questo il Movimento stenta a capirlo. Ma quelli più ostinati non sembrano tanto i parlamentari, che pur hanno votato insieme al Pd, ieri, il la modifica al 416. ter, sullo scambio elettorale politico-mafioso (vedi qui)  quanto i capi storici, che hanno inanellato diverse brutte figure (vedi diritto di cittadinanza). La base e la direzione sembrano viaggiare su rotte diverse. E, dunque, mi chiedo, dove ha speranza di arrivare una flotta se il comandante non la indirizza sulla rotta giusta? 
Gli episodi di ieri e di oggi, perciò, con l'occupazione delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali, la guerriglia a Montecitorio sul decreto legge Imu-Bankitalia, gli insulti sessisti alle deputate Pd, le colluttazioni fisiche con gli altri parlamentari fino all'assedio della presidente Boldrini cosa dovrebbero comunicare all'elettorato?
Fossi un elettore o anche un simpatizzante del Movimento queste domande me le farei. 
E' possibile trascendere fino a ricorrere alla violenza fisica per affermare le proprie idee? Dove è finito lo stato di diritto? Forse gli esponenti 5 stelle (fatto salvo alcune eccezioni) sono peggio dei politici conto i quali erano stati chiamati a misurarsi per imporre, finalmente, una nuova marcia al paese?
Può la politica, intesa come amministrazione della cosa pubblica, fare a meno della politica, intesa come dialogo e confronto aperto e democratico?
E, soprattutto, cosa resta delle cinque stelle? Cosa resta oggi di acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia?

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