Ogni istante mi inchioda a fare i conti
col fallimento.
Sono stanca, distrutta, in uno stato di
omeostasi in cui né mangio né dormo né penso né vivo.
Ė solo un momento, dicono tutti. Un
momento a cui hai dato troppa importanza e che poi, in fondo, non è
così tanto doloroso o mostruoso, perlomeno non più di quelli che ti
ritroverai ad affrontare in futuro. E magari rimpiangerai di poter
avere ancora preoccupazioni del genere. E tutte le tue reazioni ti
saranno sembrate esagerate, al limite del buon senso, ancora per un
po' compatibili con la razionalità.
Bene, bravi, bis!
Non sono ancora impazzita, ho ben
chiaro i limiti della razionalità e il cammino verso la follia.
Ė solo che, sinceramente, rivendico il
sacrosanto diritto di vivere con libertà le mie emozioni: la rabbia,
la frustrazione, la paura di un potenziale fallimento, l'adrenalina e
l'ansia da prestazione. Ė il giro di boa della mia vita, il punto di
svolta, l'evento che attendo da sempre, da quando ho capito o forse
mi sono illusa che la vita è lavoro e impegno, costanza e tenacia,
fare per essere e per sentirsi vivi. Non ho contemplato il fallimento
nel mio progetto di vita. Non ho pensato potesse arrivare e proprio
ora che quasi mi viene incontro, o potrebbe venirmi incontro, lo
rifuggo, lo magnifico, lo temo, e mentre lo temo non faccio nulla per
arginarlo, affidandomi al più tipico dei comportamenti fatalistici,
che mai il mio approccio da illuminista, da razionalista convinta,
avrebbe contemplato di adottare. Il fato è la soluzione giusta per
fronteggiare il fallimento, me ne convinco sempre più, ora dopo ora,
in un vortice di auto-convinzione che mi impedisce di rasentare i
confini della pazzia e il baratro dell'esaurimento. E sono nel mezzo,
tra il destino e l'autodeterminazione, tra me e quello che potrei
essere, tra ciò che sarà e quello che sarebbe potuto divenire.
Nel frattempo, però, mi sono convinta
che forse è meglio vivere mentre aspetto di conoscere il vincitore
fra il destino e la determinazione.
Nessun commento:
Posta un commento