lunedì 16 aprile 2012

La primavera del cinema civile



E' tornata la primavera, e con essa, come al solito, le speranze di miglioramento e rifioritura. Fa piacere notare, che questo vento di cambiamento investe anche il cinema italiano, da tempo appiattito dagli stereotipi del cinepanettone e della commedia leggera. In meno di un mese infatti, nelle sale cinematografiche si sono alternati tre prodotti interessanti, che hanno immediatamente spinto la critica cinematografica a parlare di ritorno del "cinema civile". ACAB, Romanzo di una Strage e Diaz-Don't clean up this Blood, hanno portato in sala chi da tempo aveva perso l'abitudine di andarvi, chi c'era e chi no al tempo delle vicende narrate, chi al cinema non c'era mai stato. In molte recensioni si è voluto far coincidere queste epifania del cinema civile con un cambiamento culturale, innescato da alcuni fattori tra cui la crisi economica, l'avvicendamento al governo e il tanto famoso "invito alla sobrietà montiano", che avrebbe radicalmente mutato comportamenti e abitudini nei costumi della società italiana. Non credo che il cambiamento culturale si manifesti da un giorno all'altro; non penso che l'incorporamento di abitudini consolidate venga abbandonato immediatamente e senza giusta causa, così, perché l'ha detto il governo. Il racconto dei fatti di Milano, del G8 di Genova e dell'interesse per il lavoro dei celerini sono il risultato e l'emblema di un bisogno di conoscenza, di una sete di informazioni, causate da una rivoluzione culturale cominciata già anni addietro. Li ho visti i ragazzi fare la fila a Perugia, durante il Festival del Giornalismo, per ascoltare e riflettere sulle parole di Milena Gabanelli, di Al Gore, di Roberto Saviano. Ho visto l'affollamento delle aule universitarie per discutere di mafie. Leggo i centinaia di blog in cui, a modo proprio, persone dalle estrazioni sociali più disparate esprimono il proprio pensiero, concordano o si dissociano da  qualsiasi evento, da qualsiasi opposizione. Ci sono persone e progetti dietro questa rinascita culturale, schemi e fisionomie che hanno nome e cognome, e magari anche orientamento politico. Tutte sostanze, però, che non vengono fatte trasparire in lavori che concedono allo spettatore di farsi la sua opinione, non di prenderla in prestito. Non è un caso, credo, che a sostenere questi validi progetti siano quasi sempre le stesse case di produzione (Cattleya e Fandango). Che gli uomini giusti stiano al posto sbagliato? Largo agli intellettuali, largo alle belle lettere.
http://www.youtube.com/watch?v=XSXy30lqvtw
http://www.youtube.com/watch?v=SIDBMbNMdnM
http://www.youtube.com/watch?v=zkFueLX_bMg

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